Una pioggia di insulti per il presidente della Camera, Laura Boldrini, dopo la pubblicazione su Twitter della lettera indirizzata ai colleghi del transatlantico in cui la terza carica dello Stato sollecita il rispetto dell'identità di genere nel linguaggio istituzionale. Come se una vocale facesse la differenza in un Paese in cui aumentano i femminicidi e la crisi e la povertà non fanno distinzioni di sesso. Semmai, sarebbe utile cogliere il suggerimento che diede tempo fa l'ex ministro Elsa Fornero: evitare l'articolo determinativo davanti a cognomi di donna. In effetti, dire: la Carfagna, la Boschi, e via dicendo, potrebbe, e il condizionale è d'obbligo, essere sminuente. In ogni caso, chi scrive, già qualche anno fa si era posta il problema del linguaggio di genere in un articolo, quando la presenza rosa nelle istituzioni si era fatta piu' pregnante. La posizione è diametralmente opposta rispetto a quanto auspica Boldrini. Di seguito l'articolo, dal titolo Cacciatrici di "a", pubblicato dal periodico XCento nel luglio 2009.
"Dalla terra degli zar, oltre al petrolio e alle top model, stiamo importando una strana tendenza a declinare al femminile termini che non vogliono la "a" finale. Il primo timido impatto con la lingua dell'ultimo est europeo lo abbiamo avuto ai tempi della perestrojka, quando toccò il suolo italiano con il piedino supergriffato la compianta Raissa Gorbaciova, moglie dell'allora presidente sovietico, Gorbaciov. Ma noi che bionde non siamo se non dopo lunghe sedute di acidi e coloranti dall'ultimo coiffeur di grido, perché vogliamo rendere cacofonico e complicato un linguaggio che proprio semplice non è? Ma non sono bastate quelle noiose e irritanti interrogazioni corali nei banchi della scuola elementare a ripetere desinenze ed eccezioni fino a impazzire e a dimenticare tutto? Ci mancano solo ministre, sindache, sottosegretarie e, ultime coniate, "assessore" (femminile plurale, ovviamente). Ammettiamolo, i bambini di oggi hanno piu' problemi di quanti non ne avessimo noi nell'apprendimento. Devono imparare a comunicare con il compagno di banco straniero e inserire nella banca dati della memoria una quantità incredibile di vocaboli nuovi e strane declinazioni. Se, per caso, anche i trans volessero rivendicare una propria desinenza, finiremmo col far rivoltare nella tomba Dante e gli illustri ospiti del Convivio, per non parlare della ribellione piu' temibile degli alti accademici della Crusca. Meglio sarebbe ritornare alla lingua madre. Pensandoci, in latino c'era anche il neutro. Vaghe reminiscenze liceali, quasi rimosse, ma non del tutto. Ricordate gli incubi notturni con le filastrocche dei vari "us-a-um"? Ma davvero abbiamo ridotto tutto a una questione di vocali? Se una "a" fa la differenza siamo di nuovo al punto di partenza. E dire che suonava così bene l'articolo maschile seguito da una nome di donna! Nella citazione veniva fuori quella percentuale androgina, minima, che è in ognuna di noi e che ci completa. Se la rifiutiamo, come fa il maschio con la sua piccola razione muliebre, perdiamo quell'appeal e quell'identità consapevole faticosamente conquistati. Ridateci le vocali giuste al posto giusto. Gonna e attributi: saremo imbattibili! ".
Linguaggio di genere, tweet avvelenati contro Boldrini
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