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Finché Marte non ci separi

Pubblicato da Dora Attubato su 25 Marzo 2015, 11:29am

Tags: #Pietro Aliprandi, #Marte, #reality, #pianeta rosso, #missione, #colonizzazione, #Argentina

L'italiano Pietro Aliprandi pronto per la missione di colonizzazione del pianeta rosso

Finché Marte non ci separi

Una cosa è certa. Pietro Aliprandi ha i piedi per terra, ma la testa tra le nuvole. E non è un eufemismo. O solo in parte. Ha superato finora tutte le selezioni (duecentomila le domande arrivate alla commissione esaminatrice) della missione Mars one, che si pone l'obiettivo di creare una colonia permanente sul pianeta rosso a partire dal 2025. Sono rimasti in cento,ma solo ventiquattro potranno atterrare su Marte per dare inizio a una nuova era.

La più banale delle domande: perché questa scelta?
La domanda non è affatto banale, anzi. L’intero processo di selezione – e i traguardi da me raggiunti finora – si sono basati proprio sul perché di questa scelta. Da quando ne ho memoria, ho sempre dimostrato un grandissimo interesse per l’astronomia, che andava ben oltre il sogno comune un po' a tutti i bambini di fare l’astronauta.. E sono curioso, mi piace scoprire e creare, voglio essere il primo a vedere qualcosa e raccontarla agli altri. Ecco perché voglio varcare questo confine assieme ad altri astronauti che la pensano come me.

Quando lo ha comunicato alla sua famiglia, come hanno reagito a casa?
All’inizio, quando le possibilità di essere scelto erano una su duemila o più, nessuno mi ha preso troppo sul serio. Quando sono passato al secondo round, tutti erano emozionati per il successo che stavo riscuotendo. Ora che le possibilità di partire sono, almeno statisticamente, di una su quattro, i miei genitori e i miei fratelli stanno iniziando a riflettere sul significato di una mia eventuale partenza. Ma in nessun momento hanno tentato di persuadermi ad abbandonare l’impresa.

Come immagina la vita su Marte?
Per certi aspetti meno noiosa di quella sulla Terra. Soprattutto nei primi anni, ci sarà molto lavoro da fare, per assicurare il corretto funzionamento della base, prepararla all’arrivo dei nuovi gruppi. Poi, negli anni successivi, ci sarà un intero pianeta da esplorare, e una colonia da far crescere.

Finché Marte non ci separi

Se superasse l'ultima selezione, cosa porterebbe con sé sul pianeta rosso?
Se potrò portarle tutte e tre, nella mia valigia metterei un piccolo sasso (un “pezzetto di Terra”), una copia cartacea dell’Eneide, e la mia “scatola dei ricordi”, dove conservo piccoli frammenti simbolici della mia vita.

Dieci anni sono tanti. E se trascorso tutto questo tempo, si accorgesse di non voler partire?
Improbabile, dal momento che ho passato gli ultimi ventuno anni (e forse anche più) ad attendere questa missione.

Sembra che sia un viaggio senza ritorno, dal momento che la produzione non ha fondi a sufficienza per riportarvi sulla terra.
Non è proprio così. Mars One basa il suo progetto su tecnologie già disponibili oggi. L’unica tecnologia oggi non disponibile è quella di un vettore interplanetario che possa decollare senza rampa di lancio. Quindi non è per impossibilità economica, bensì tecnica. Inoltre Mars One è una missione di colonizzazione, che non avrebbe senso se fosse previsto un rapido ritorno. Detto questo, nessuno a Mars One ha mai messo in dubbio che, tra dieci o quindici anni, la tecnologia sarà sufficientemente sviluppata da permettere un viaggio di ritorno.

Ha un affetto? Una fidanzata, moglie o simili? Sarebbe un rapporto con la parola fine: finché Marte non ci separi
Si tratta del punto più delicato della questione. Ho una fidanzata, e finché non saprò se sono dentro o fuori, preferiamo non parlarne.

Le odissee, soprattutto quelle nello spazio, sono molto pericolose. Dal momento che la missione sarà ripresa dalle telecamere e teletrasmessa, non pensa, soprattutto dopo la recente tragedia dell'Argentina, che sia diventata patologica l'ossessione per i reality?
Ci tengo a sottolineare che i “reality”, anche quelli più avventurosi, sono progettati unicamente per dare spettacolo, magari anche a scapito della sicurezza. Quello di Mars One non sarà un reality show, bensì un documentario. E non saranno i proventi del documentario a pagare la missione, ma investitori privati. L’addestramento, le simulazioni e la missione saranno seguiti dalle telecamere affinché tutto il mondo possa sapere come si preparano i primi coloni interplanetari della storia, ma questo non intaccherà in alcun modo la preparazione della missione, condotta da professionisti provenienti dalla NASA, dall’ESA e dalle principali industrie aerospaziali. Il grande spettacolo saranno la partenza e l’atterraggio, come lo furono per l’Apollo 11, ma nel ’69 non fu necessario nessun abbellimento stilistico per “fare audience”. Né succederà per Mars One.

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Beato lui!

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